Vini naturali e vini “artigianali”

I vini naturali, anche detti vini di vigna, sono quei vini che potremmo definire “secondo natura”.
Sono prodotti con uve coltivate in modo biologico, senza l’aggiunta di sostanze chimiche di sintesi, senza l’utilizzo di lieviti selezionati, di enzimi o sostanze correttive e senza l’utilizzo di filtrazioni invasive. Sono vini che esprimono al meglio le caratteristiche del vitigno e del territorio in cui vengono coltivati.
Attualmente in Italia, manca una specifica codificazione legislativa o normativa in merito; in Francia, invece, i “vignaioli naturali”, al termine di una battaglia durata quasi dieci anni, hanno ottenuto il riconoscimento formale all’esistenza del “vino naturale” a fine 2019. La denominazione, che sarà in prova per tre anni, riconosce e certifica l’adempimento di una serie di criteri stabiliti da un protocollo.
In Italia esiste l’Associazione “VinNaTur”, che ha stabilito nel proprio disciplinare associativo il rispetto nella produzione di “tutte le attività dirette alla coltivazione
della vite e alla produzione di vini di qualità, secondo metodi naturali legati al territorio, senza forzature tecnologiche”.

Un’approccio rigoroso e rispettoso nel vigneto e in cantina

Vigneto – le pratiche agronomiche si prefiggono l’obiettivo di allevare piante sane e predisposte ad una elevata resistenza alle avversità (malattie, siccità, carenze), quindi è fondamentale prestare particolare attenzione alla fertilità biologica del suolo, alla tutela della biodiversità e all’equilibrio dell’ecosistema vigneto. Cantina – le pratiche enologiche si prefiggono l’obiettivo di ottenere vini che esprimano al meglio le caratteristiche del vitigno e del territorio, senza l’aggiunta di sostanze chimiche di sintesi, senza l’utilizzo di lieviti selezionati, senza l’utilizzo di enzimi, senza l’utilizzo di sostanze correttive, senza l’utilizzo di barrique nuove, senza l’utilizzo di filtrazioni invasive.

L’esperienza bresciana

Vino naturale e vini artigianali. Abbiamo avuto la possibilità di parlarne con Stefano Belli, sommelier e appassionato di vini naturali, nonché ideatore della fiera di Calvisano “Vino in-dipendente”, giunta ormai alla IX edizione programmata per il 21 gennaio 2024.
Stefano, partiamo dalle origini e dal tuo primo impatto con il vino.
«La passione per il vino nasce casualmente tanti anni addietro, lavorando nel fine settimana in locali dove il vino era al centro della convivialità e perno culturale; poi sono arrivati i corsi da sommelier fondamentali per la conoscenza, ma la curiosità mi ha portato a catapultarmi nel mondo dei vini “ naturali “ e se la parola risulta eretica li possiamo chiamare “artigianali”, ma preferisco di no, perché è un mondo fatto di persone che ha un rapporto e un rispetto della terra viscerale, con l’obiettivo e la fermezza di preservare il frutto. Attraverso questo percorso ho iniziato a collaborare con aziende e distribuzioni che sposano la mia filosofia che si fonda sull’idea che il vino naturale sia un percorso intrapreso dalla vigna, libera da contaminazioni chimiche, con un uso limitato di sostanze invasive come rame e zolfo. Questo processo dà vita all’uva sana, la quale viene fermentata con lieviti indigeni, e si utilizzano quantità minime di solforosa solo quando necessario. Il regolamento che i vignaioli di Vino in-dipendente rispettano – si trova sul sito www.vinoindipendente.it – fa capire la nostra filosofia al naturale».
Dalla tua passione e approccio al mondo del vino nasce Vino In-dipendente.
«Vino in-dipendente nasce dalla volontà di raggruppare vignaioli che difendo l’integrità del proprio territorio, attraverso una forte etica ambientale, da poter trasmettere e prendere come esempio in un territorio compromesso come il nostro e in tanti altri. L’etica dei vignaioli per produrre vini naturali prevede il minor numero possibile di interventi in vigna e in cantina, attraverso l’assenza di additivi chimici e di manipolazioni innaturali da parte dell’uomo che portano i produttori a correre molti rischi. Solo una grande conoscenza in vigna e in cantina può farli superare. Il nome dato alla manifestazione “Vino in-dipendente“ indica la volontà da parte dei produttori di lavorare con la massima indipendenza senza dover sottostare alla standardizzazione organolettica e chi si avvicina alla sfera del “buon vino naturale” difficilmente riuscirà ad allontanarsi, pertanto, creerà una sana e moderata dipendenza “dipendente”».
Una panoramica sul vino italiano. Esiste una vera dicotomia vino naturale e non?
«Dicotomia? Io identifico il vino come due strade parallele: una viene percorsa da realtà medie e grandi che per necessità, volumi, struttura e richiesta di mercato, fanno vini con una propria identità aziendale e commerciale, mentre l’altra, quella del vino naturale, è fatta da aziende con produzioni ridotte, racconta un territorio, la vigna, la tradizione senza compromessi e vinificazioni diverse, approccio e lavorazioni che le piccole realtà possono attuare. Il mondo del vino ha molti colori, e sta al consumatore capire quello che preferisce».
Qual è il futuro del vino naturale?
«Il comparto del vino naturale è in crescita e si sta ritagliando spazi di mercato interessanti a livello globale, ma la cosa ancora più interessante è l’approccio da parte delle nuove generazioni a questa sfera, che si sposa con il mondo della sostenibilità. E’ giusto precisare che i produttori di vini naturali in pochi anni sono riusciti ad alzare nettamente la qualità dei prodotti, rendendoli interessanti a più generazioni. Farei attenzione a coloro che spacciano per difetti del vino caratteristiche intrinseche particolari della bevanda stessa».
Tornando alla manifestazione: idee e progetti futuri?
«Calvisano è la culla di Vino in-dipendente che grazie alle varie amministrazioni è cresciuta e rimarrà radicata, ma la possibilità e la volontà di far conoscere questo mondo potrà regalare emozioni anche in altri posti. Ringrazio i 67 vignaioli e gli artigiani del cibo che ogni anno regalano emozioni e spensieratezza».

L’espressione libera di Corti e Cugini

In un territorio dominato dalle grandi maison, il panorama attuale della Franciacorta vede ancora emergere realtà artigianali.
Abbiamo fatto la conoscenza a Gussago, sul confine della Docg, della cantina Corti Cugini, incontrando Laura Cugini una delle due anime di questa giovane cantina che ha intrapreso la strada dei vini naturali. Giovane che sta già facendo parlare di sè.
Laura e Stefano Corti si conoscono dai tempi degli studi superiori, e hanno inizialmente preso strade diverse, Laura ha maturato esperienze all’estero come consulente enologica, Stefano più legate al territorio formandosi tra i filari di cantine bresciane di valore.
Si sono ritrovati dopo anni e hanno deciso di unire le loro forze per dar vita al loro sogno.
Siamo nel 2020. E oggi abbiamo l’opportunità di toccare con mano il frutto del loro lavoro.

Il contesto vitivinicolo

I vitigni della cantina sono localizzati in varie zone di Gussago, tra Navezze e la Stella, i suoli sono argillosi e calcarei, e le diverse esposizioni dei vigneti consentono vendemmie in epoche differenti. La viticoltura in questi vigneti è difficile, sia per la dispersione degli stessi che per la difficoltà ad accedervi. Le vigne sono molto vecchie, alcune anche datate anni Sessanta. Terreni scomodi, ma di grande bellezza. La gestione è tutta e solo nelle loro mani e gli hanno dato nuova vita.

L’elaborazione vinicola e la degustazione

Piccole produzioni curate con attenzione. La produzione si aggira attorno le 12.000 bottiglie, metà delle quali è
Franciacorta metodo classico docg.
Primo metodo classico targato Franciacorta Docg dal millesimo 2021, 100% chardonnay e dosaggio zero. Annata di grande pregio e altrettanta aspettativa. Realizzato vinificando in acciaio uve chardonnay raccolte quasi a fine agosto 2020 in due parcelle site nell’areale di Gussago, una sulla collina della Santissima, l’altra in loc. Navezze. Sosta sui lieviti di 18 mesi, degorgement febbraio 2023 senza aggiunta di dosaggio nè liqueur, ma con colmatura di medesimo vino.
Oltre alla bolla, altre quattro etichette: 2 rossi, il Marbera (marzemino e barbera…) e il 30 febbraio, taglio bordolese, il Gravitas, un bianco da uve 100% Chardonnay millesimo 2020.
Infine, una chicca: il Mokab, primo vino di successo di Laura e Stefano (prende il posto di Achab), terza edizione di un vino ottenuto da uva Schiava. Vinificazione in cemento e acciaio e rifermentazione in bottiglia con mosto congelato di Barbera ed Incrocio Terzi. Un vino rosato leggiadro, di un rosso corallo brillante, con una nota sapida riconducibile ai suoli calcarei e argillosi e con un sorso che richiama sempre la beva.
Un’idea nuova per valorizzare un vitigno di casa, come la Schiava.
Siamo solo agli inizi di una storia che avrà molto da dire anche in futuro.

di Eugenio Ravarini

Fotografie Matteo Marioli

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