A pochi passi dalla città, nel vicino comune di Cellatica in località Fantasina, con l’amico valente fotografo Matteo ci siamo trovati di fronte ad una sorprendente collezione d’arte che arricchisce il patrimonio culturale bresciano. La Fondazione Paolo e Carolina Zani nasce per volontà del fondatore industriale facoltoso, appassionato d’arte e mecenate sostenitore di una squadra di ciclismo, la Liquigas, che ha dato agli appassionati prestigiosi risultati.
Per oltre trent’anni Paolo Zani ha raccolto con acquisizioni dirette da illustri collezioni italiane e straniere e nelle aste delle più importanti case una rilevante quantità di dipinti, sculture, marmi, arredi, rispondendo a quel bisogno del bello che solo un autentico collezionista attento, curioso e innamorato persegue.
La Fondazione a lui ed alla figlia intitolata si è costituita per valorizzare, tutelare e conservare nella stessa casa le oltre 1200 opere tra cui dipinti di Canaletto, Tiepolo, Guardi, Longhi, Bellotto, sculture antiche e marmi policromi, tappeti orientali, ceramiche cinesi, arredi e oggetti d’arte che ne costituiscono il patrimonio oggi a disposizione di tutti per volontà degli eredi.
Un’architettura da Domus Romana
L’edificio, trasformato in Casa Museo è stato realizzato negli anni settanta del secolo scorso su disegno dell’architetto bresciano Bruno Fedrigolli (1921- 1995), richiama una domus romana con gli ambienti realizzati attorno ad un impluvium quadrangolare, successivamente coperto e trasformato in vasca per renderlo funzionale ad accogliere la collezione di marmi nella Sala delle Pietre. Raccolta dominata da due busti in marmo policromo di imperatori romani della bottega dei Della Porta, un piano di tavolo in marmo a lavorazione a commesso del XVI sec. con notevoli inclusioni di pietre rare, lapislazzuli afgani, diaspro corso, nero d’Acquitania, e un importante Cratere apulo del 340 a.C. con Ercole che premia un atleta ai giochi forse Castore o Polluce.
La Passione di Paolo Zani per l’arte
Le raccolte si caratterizzano per continuità e uniformità nelle disposizioni, dove predomina il barocco ingentilito dal rococò, e seguono filoni di un gusto che lo stesso Zani ha affinato nel tempo per fare dell’arte un oggetto d’uso e godimento quotidiano. Un collezionista senza finalità speculative che ha in primo luogo utilizzato le opere per arricchire la propria casa, ispirandosi ai principi di bellezza quale fonte di vita e ispirazione, senza farne vanto in ossequio alla riservatezza che costituisce uno dei tratti distintivi di molti bresciani. Nelle varie sale allestite dallo stesso appassionato collezionista con una uniformità di stili che lascia sorpresi anche i visitatori più avveduti, si coglie l’amore e il rispetto per l’arte, per le cose belle, per i manufatti curati, anche quelli apparentemente più semplici, come la preziosa raccolta di coralli trapanesi affiancata da un pregevole Presepe o la stupefacente tovaglia in merletto di Burano che Alessandra, la guida che ci accompagna, ci dice realizzata da dieci ricamatrici in sette anni di certosino lavoro. Un omaggio consapevole al lavoro di queste fanciulle dedite al ricamo. Si avverte pienamente la predilezione per il barocco veneziano raffinato e allegro, per quello francese elegante e imperiale, notevole nella prima sala il dipinto di F. Boucher del 1745, Allegoria della Terra con putti delicatamente rosati e gli attributi della Terra come uva e frutti; e per quello romano papalino e austero, monumentale espressione della controriforma cattolica. Notevoli cassettoni, commode e comò di preziosa fattura e di assai piacevole gusto come quelli nella Sala dei maggiolini, così chiamata perché vi dominano due cassettoni del 1789 di Giuseppe Maggiolini con tarsie di Andrea Appiani. Mentre li ammiravamo ne prendevano visione due turisti americani assai interessati e prodighi di incuriosite domande.
L’esposizione è arricchita da una notevole raccolta di dipinti di vedute veneziane molto in voga nel settecento
con le opere di Canaletto nella prima sala a lui dedicata ad accogliere il visitatore. Di questo maestro del vedutismo sono presenti opere che raffigurano Venezia, tra l’altro in una si può ammirare il campanile di San Marco nella forma originaria prima del parziale crollo del 1745 a seguito di un fulmine e poi del 1902 in cui crollò interamente, con una perfezione e una luce che ne costituisce il tratto distintivo e che lo renderà ricercato e conteso dai nobili di tutta Europa e che per un decennio sarà in Inghilterra a dipingere vedute del Tamigi e dei castelli della nobiltà oggi vanto delle più importanti collezioni.
Sullo stesso stile sono le opere dei contemporanei del Canaletto, Francesco Guardi con vedute di Venezia, Pietro Longhi con le classiche figure nei ridotti dei teatri e Bernardo Bellotto nipote del Canaletto, anche lui detto Canal, attivo negli stati tedeschi e in Polonia del quale sono risultate preziose le vedute di Dresda per la ricostruzione postbellica. Tra l’altro sono esposte sei piccole opere a tempera di Giacomo Guardi, figlio di Francesco, che si possono interpretare come i primi souvenirs. I viaggiatori colti del gran tour, in voga tra gli intellettuali e i nobili del tempo, frequentavano gli studi dei pittori di fama per cercare di acquistarne le opere, ma sovente si limitavano a piccoli, appunto, souvenirs come quelli esposti insieme alle opere maggiori dalla passione del collezionista che non disdegna anche le opere minori che attestano le qualità di un artista.
Nella visita attrae l’attenzione di chi come noi si occupa di gastronomia un tavolo ottagonale di grande pregio composto da un finissimo lavoro a commesso fiorentino con marmi e pietre dure lavorati con estrema perizia nell’opificio delle pietre dure di Firenze nel fine XVII inizi XVIII secolo. Si tratta del piano di un tavolo forse appartenuto alla famiglia del Duca Cosimo III de Medici che rappresenta ghirlande di fiori, frutti e uccelli con
grande qualità descrittiva. La nostra guida ci dice sia stato acquisito ad un’asta di Christie’s nel 2005. Quel che è certo è che si tratta di un’opera di assoluto pregio che conferma l’altissimo livello degli artigiani fiorentini che hanno affinato attraverso il lavoro dei commessi, da qui il nome, un’arte, con gli strumenti dell’epoca, che stupisce per la preziosa qualità.
La Casa Museo è una casa vissuta ricca di opere d’arte, permanentemente abitata dal proprietario e dalla sua famiglia dove quindi non mancano anche i locali d’uso quotidiano come i bagni, la camera da letto e il guardaroba. Impegnativo il bagno nel quale parrebbe assai difficile svolgere le abluzioni ordinarie, meglio la comunque ridondante camera da letto che affaccia sul giardino, mentre ci ha incuriosito il prezioso guardaroba, interamente ricoperto da pannelli lignei a decoro giapponese del seicento di pregevole fattura che descrivono i giardini imperiali.
Un giardino di bellezza
La visita si completa con il giardino che attornia la villa. Oltre tremila metri quadri di area verde suddivisa tra giardino all’italiana, alla francese e all’inglese che sintetizza il gusto del fondatore per la bellezza, non solo delle opere d’arte, ma della natura, degli elementi che fanno ambiente e paesaggio, del giardino come luogo dell’anima, del riposo e della riflessione. Troviamo elementi architettonici, statue, fontane, sculture, bronzi, specie arboree diverse, vasi da giardino, urne in marmo, una vasca con vivaci e coloratissime carpe giapponesi che esprimono la tranquillità, la pace, la bellezza, quella che si legge all’ingresso della casa Museo e che è, per volontà di Paolo Zani, la sintesi della sua vita: “Bellezza è verità, verità è bellezza – questo solo sulla terra sapete, ed è quanto basta”. I versi finali dell’Ode all’Urna Greca di Keats esprimono meglio di ogni commento e di ogni cronista il senso di una vita e la necessità di una visita ad un luogo che ne rappresenta l’essenza. Nella Casa Museo, non deposito asettico di opere d’arte, ma scrigno vitale di bellezza, si avverte un’aura potente di romanticismo che accomuna Carolina Zani, cui la Fondazione è dedicata, ai poeti della seconda generazione romantica come John Keats, Percy Bysshe Shelley e Lord George Gordon Byron colti come lei dal fato crudele nel fiore della gioventù.
Nel nostro modesto viaggio per descrivere i Tesori Bresciani ci permettiamo di suggerire ai nostri lettori di non mancare di fare una visita a questa Fondazione nella Casa Museo aperta dal febbraio 2020 e riconosciuta dalla Regione Lombardia con decreto del 30 ottobre 2019, che non solo si qualifica per l’alto livello delle opere esposte, ma anche per il sostegno alla cultura ed alla formazione dei giovani con specifiche borse di studio.
La Casa Museo è aperta dal martedì al venerdì con orario 9:00-13:00 e il sabato e domenica con orario 10:00-17:00 solo con visite guidate su prenotazione al tel. 030 2520479.
di Silvano Nember
Fotografie Matteo Marioli