Virzulì ed Erbe selvatiche

Ingredienti insospettabili per piatti sani e gustosi

Voglio parlarvi di un’attività che, da bambina, mi ha sempre divertito tantissimo: la raccolta di erbe selvatiche! Un modo per entrare in contatto con la natura, scoprire i suoi tesori nascosti e godere di un’attività all’aria aperta. E poi, ammettiamolo, è anche molto divertente.
La primavera ormai è arrivata, la natura si sta risvegliando e, tempo permettendo, è il momento ideale per andare per prati a caccia di erbe selvatiche.
Bacche, foglie, radici e cortecce… Tesori naturali, spesso trascurati, ma che possono aggiungere alla tavola una
stuzzicante esplosione di sapori e di originalità alle nostre ricette.
Come diceva Cicerone: “se accanto alla biblioteca hai l’orto, non ti mancherà nulla”.
Quello delle erbe selvatiche è un patrimonio inestimabile nel bresciano, la Valle Camonica ad esempio conta la più alta concentrazione botanica d’Europa, insieme al lago di Iseo, tanto che nel 2018 l’UNESCO ha nominato questo territorio “Riserva della Biosfera” (quasi 2.500 specie autoctone dalle proprietà officinali e terapeutiche).
I bresciani hanno sempre raccolto erbe spontanee un po’ ovunque dalla montagna alla “Bassa” passando per i campi di collina. Anche nei giardini dietro casa si possono scovare molte erbe, almeno le più comuni. Gesti semplici, quelli della raccolta, che in qualche modo ci rimandano a un’arte antica di cui le nostre nonne erano vere esperte. Non conoscevano il foraging, ma lo praticavano ogni giorno per nutrire e per curare.
Per secoli, infatti, “andar per erbe” nel bresciano ha rappresentato una spesa open air alternativa e gratuita, di cui i tempi moderni poco sanno. Abituati ormai a trovare al supermercato tutto ciò che desideriamo in ogni momento dell’anno, quella delle erbe spontanee è una stagio nalità che si sta perdendo, ma che sarebbe utile (ri)scoprire e tramandare.
Fantine, bigoi d’ai, loèrtis, sangiöle e verzulì termini dialettali che potrebbero apparire incomprensibili, specialmente ai più giovani, eppure per secoli inscritti nel DNA dei bresciani che sapevano raccogliere e portare in tavola la diversità della vita messa loro a disposizione dalla natura, trasformando questi doni in insalate, frittate, decotti e minestre, anche semplicemente maritandole con delle ottime uova fresche. «Un’esperienza che proveniva dalla frequentazione assidua di montagne, colline, prati e campi» ci spiega Marilena Pinti dell’Azienda agricola Catena Rossa di Sarezzo. naturopata che da oltre 30 anni studia le erbe selvatiche più diffuse nel bresciano. Al suo attivo anche il volumetto “Le nostre erbe spontanee” realizzato in collaborazione con l’Ecomuseo della Valle Trompia.
«Le erbe spontanee sono alla portata di tutti, ma per raccoglierle bisogna seguire delle regole. Vanno colte con rispetto» dice la Pinti che nei suoi corsi insegna a usare tutti e cinque i sensi. «Ci vuole curiosità e pazienza. Ricordandosi che non ci si può improvvisare, perché potrebbe essere pericoloso. Sarebbe, invece, opportuno che coloro che non hanno conoscenze botaniche, ma volessero iniziare questa pratica, si iscrivessero ad un corso, per acquisire le conoscenze base per il riconoscimento delle piante edibili, ma anche per imparare a identificare i luoghi giusti per raccogliere queste erbe».
Oltre ad assicurarsi la bontà dei prodotti che raccogliamo e portiamo nei nostri piatti è, infatti, altrettanto essenziale rispettare l’ambiente, garantendone la biodiversità, quindi la conservazione e il mantenimento degli equilibri ecologici.
Libri e guide cartacee sono un valido aiuto per chi si affaccia all’alimurgia (la scienza che studia la possibilità di nutrirsi di erbe selvatiche edibili, ndr), ma anche sul web è possibile trovare supporto, soprattutto dai social. Esistono in Facebook diversi gruppi, italiani e stranieri, dedicati proprio al riconoscimento di erbe e vegetali locali, app per tablet e cellulari, iOS e Android che possono aiutare a scoprire un mondo che da tempo ha affascinato e convinto anche la ristorazione locale. Cresce, infatti, la schiera degli chef bresciani che stanno basando la filosofia della loro ricerca gastronomica proprio sui vegetali spontanei, proponendo una cucina diventata ormai una vera e propria tendenza.
Nella cucina bresciana, infatti, non mancano di certo le verdure, anche perché molti hanno ancora il proprio
orto e sono tantissime le erbe spontanee, soprattutto nel periodo estivo, che diventano ingredienti di piatti diventati anche iconici. Tra i migliori interpreti bresciani c’è la giovane chef Greta Gemmi, tra le pioniere della cucina alimurgica locale. “Al Resù” di Lozio, in Valcamonica, Greta mescola erbe selvatiche con la tradizione culinaria camuna, ereditata dalla nonna, l’innovazione e una sorprendente dose di creatività. Come i suoi “gnoc de cola” (gnocchi fatti con erbe amare, pane secco, menta, spinaci, noce moscata, formaggio grattugiato, uova, farina, aglio, e chiodi di garofano) mentre a Brione c’è “La Madia” di Michele Valotti, più esperto in fermentazioni, e in Franciacorta a Rovato il Vegan Home Restaurant Nóna Ninì di Alessandra (Alle) Dogali (nella foto col marito Marco) che nella casa di famiglia, trasformata in ristorante, l’enogastronomia tradizionale viene reinterpretata in versione veg.

Silene Bianca (Alba)
Silene vulgaris (Moench)
per i bresciani gustosamente “Virzulì”

Tra le numerosissime erbe selvatiche che si possono trovare nel bresciano e un po’ in tutta Italia, una delle più comuni è la Silene Alba o la Silene Vulgaris meglio note ai bresciani come verzulì, virzulì, s’ciopì o s’ciupitì, strìgoli, bubbolini.
Molti autori fanno risalire l’origine del termine Silene a Silenus, il dio Sileno, educatore e compagno di Bacco, famoso per il ventre rigonfio (come il calice dei bubbolìni). Ma anche per la presunta proprietà dell’infuso della radice nel vino, che eviterebbe le sgradevoli conseguenze dell’ubriachezza.
È un’erba spontanea perenne, tra i 30-70 cm di altezza. Ha foglie lineari e lanceolate, acute, glauche e carnosette. Il sapore è dolce ed erbaceo, che ricorda quello degli spinaci, ecco perché è amatissima dai bresciani.
È forse tra le varietà spontanee quella più raccolta fin da bambini. Cresce un po’ ovunque, al piano fino intorno ai 1500 metri, spesso negli incolti, in prati falciati, pascoli, campi seminati e ai bordi delle strade.
Si coglie in genere da fine marzo a maggio, a seconda del clima, e della pianta oltre alle foglie si possono mangiare anche i germogli più alti.
Per chi conosce il verzulì è impossibile resistere alla tentazione di far scoppiare il fiore a palloncino, che però è edibile ed è perfetto per decorare anche piatti e dessert. È un ottimo ricostituente. La Silene, infatti, è ricca di vitamina C, Ferro, Calcio e Magnesio.
«Vorrei sfatare il mito che la Silene, o Virzulì come dir si voglia – spiega Lara Angoli (nella foto) di “Ritono al bosco”, guida ambientale escursionista tra il Sebino e la Valle dei segni – non si raccoglie solo in primavera, anche se è in questo periodo che la pianta esprime le sue proprietà migliori. Si trova in tutto il periodo dell’anno e non diventa tossica a seconda della stagione, come accade per altre piante spontanee. È un’erba che ama l’esposizione alla luce diretta del sole, quindi è più facile trovarla in prati bene esposti e assolati e non la spaventa il caldo. Intatti la Silene è una pianta rustica che resite anche alla siccità. Visti i cambiamenti climatici in atto sono convinta che la Silene, come altre piante erbacee resistenti al caldo e in ambienti privi d’acqua, dovrebbero essere maggiormente studiate, per cercare alcune risposte alle difficoltà che stanno riscontrando i nostri orti e non solo».

Il virzulì in cucina

Si presta a insaporire insalate, frittate, zuppe e minestre; ma anche risotti, torte salate e paste ripiene.
La Silene è ottima anche solo sbollentata, condita con olio e sale e servita come contorno per piatti a base di uova, carni bollite o salumi. Se ne avete un po’ a disposizione provate a preparare questa frittata veloce usando 200 g di Silene Vulgaris, 4 uova, del formaggio grattugiato, un goccio di latte, dell’olio extravergine, sale e pepe. Sbattete in una terrina le uova, il sale, il pepe, il formaggio grattugiato e le foglie di Silene tritate finemente. Aggiungete il latte e per chi volesse anche mezzo cucchiaino di fecola. In un pentolino antiaderente fate scaldare e versate il composto cuocendo la vostra frittata. Servitela calda.
Consigli per come trattare queste piante in cucina.

Per mantenere colore, sapore e proprietà.
Dopo aver lavato attentamente le vostre erbe, non cuocetele direttamente nell’olio, perderebbero subito gusto e nutrimenti, ma prima di cucinarle sbollentatele in acqua per pochi minuti, scolate e passatele subito sotto l’acqua fredda. Lasciate che si asciughino, strizzatele delicatamente e cuocetele come desiderate. Potete riutilizzare il brodo come base per zuppe, risotti o salse.

Nelle frittate
Prima di unire le erbette alle uova sbattute, sbollentatele come sopra (a meno che le foglie non siano molto giovani) e tagliatele non troppo finemente.

Nei risotti
Anche in questo caso le erbe vanno prima sbollentate in acqua salata per pochi minuti, scolate e tagliate a pezzetti. Vanno aggiunte a metà cottura direttamente nel risotto.

Nelle zuppe/minestre
Tagliate un cipollotto a rondelle e lasciatelo riposare in una ciotola per mezz’ora in acqua fredda.
Nel frattempo sbollentate le erbe selvatiche dopo averle lavate. Strizzatele e a questo punto fatele rosolare con dell’olio e il cipollotto poi aggiungete l’acqua della lessatura e portate a cottura unendo le altre verdure. Per addensare aggiungete dell’amido di mais, stemperato in acqua fredda.

Nei ripieni
Sbollentate le erbette, strizzatele delicatamente, poi amalgamate con un formaggio dal gusto non troppo invadente e del formaggio grattugiato.

Erbe spontanee sott’olio
Perfette per condire insalate, antipasti, primi e secondi piatti, ma anche per farcire panini e tramezzini.
Lavate bene le erbe spontanee e asciugatele delicatamente quindi tagliatele. Nel frattempo affettate qualche spicchio d’aglio. In un barattolo di vetro sterilizzato, alternate uno strato di erbe e uno strato di aglio fino a riempire il barattolo. Aggiungete sale e pepe.
Versate l’olio extravergine di oliva nel barattolo fino a coprire completamente le erbe.
Chiudete il barattolo e conservatelo in un luogo fresco e asciutto, per almeno una settimana, prima di consumare il contenuto.

di Carola Fiora

Fotografie Matteo Marioli

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